Dal culo alla cappella!

 

Debbo essere sincero, all’inizio, concluse le registrazioni di Via Matris, non sapevo bene che fare. Nel tempo che va dalla pubblicazione di Miseria, 2008, al 2016, volevo reinventare il suono e la struttura della musica di INCHIUVATU.

 

La trilogia di EP, pentalogia successivamente, doveva rappresentare questo sforzo creativo. Mantenere i canoni della musica di Inchiuvatu ma spingerla ugualmente avanti, oltre. In un’intervista pubblicata su RockHard, sempre per promuovere Via Matris, parlavo addirittura che, nel conclusivo Via Lucis, avrei rielaborato alcuni brani significativi della cosa, se non addirittura alcune canzoni storiche dai vecchi album. Proprio a confermare il risorgere della musica di Inchiuvatu con una nuova veste. 

 

Fortunatamente abbandonai quel progetto. Quello di cui avevo bisogno era un simbolo forte che mostrasse la voglia di morire, e dunque rinascere, del progetto. Vero è che Via Matris sembrava oltre il bizzarro. Cosa potevo partorire, oltre? e ciò mi spiazzava. Avevo veramente esaurito tutte le idee? Si chiude così il concetto che ho di folk black metal? Solo una variante? dal rock allo sviluppo in chiave acustica? No, doveva esserci qualcos’altro. Dovevo partorire, oltre il già fatto.


Come sempre mi ritrovo in alcuni pomeriggi col mio fido compare. Il saggio Rosario Badalamenti mi ha seguito come un’ombra in questa sorta di scavo nei resti archeologici di Inchiuvatu.  E fu uno di quei pomeriggi che, cazzeggiando con le chitarre, tentai di spiegargli un riff. Come accade spesso a chi strimpella uno strumento è un attimo che ci si trova a mimarlo con la bocca. Anche il Badalamenti improvvisa un riff di chitarra vocale che ben si intrecciava con la mia. Dunque penso di fargli comprendere il tipo di ritmo che avevo in mente, istantaneo, immediato. Con la bocca e come se no? Chi di voi non l’ha mai fatto?


Ed ecco la sfida. La Pentalogia doveva essere un luogo di assoluta sperimentazione. Anarchia. Voglia di osare senza alcun limite. In quell’istante Badalamenti mi guardò convinto rivolgendomi parole sagge e ammonitrici allo stesso tempo: ''tu puoi fare folk black metal anche col culo, dunque, perché non a cappella?''.


Mi sono sempre chiesto quale sarebbe stato il mio destino di musicante se, nella lontana Akragas, non avessi maturato un minimo di conoscenza musicale trasposta su strumenti come la chitarra, il basso, la batteria e soprattutto il piano. Avrei trovato un modo per esprimermi?  Un modo per raggiungere quel tanto desiderato ‘linguaggio di conoscenza’ che mi parli di me? Ebbene, probabilmente, tale l’urgenza, non mi sarei fermato davanti a niente e, anche col culo avrei partorito un certo tipo di Addisìu. E perché non anche di solo voci, fonetico, a cappella per l'appunto.


- agghiastru

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